sabato 31 gennaio 2015

Facciamo luce sulla situazione energetica UE. Il M5S indica la strada: #ilfuturoèadesso

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La crisi politica in Ucraina ha pesanti risvolti sul settore dell'energia. L'Unione Europea, per soddisfare i suoi bisogni, è costretta a importare il 53% dall'energia che consuma, fra cui il 90% del petrolio e il 66% del gas. Nel dettaglio, circa il 25% del gas (e il 30% del petrolio) bruciato arriva dalla Russia e il gas passa (in gran parte) dall'Ucraina.
LA STRATEGIA DELLA COMMISSIONE - La Commissione Europea, nella sua comunicazione del 28 maggio 2014 "Strategia sulla sicurezza energetica", suggerisce di risolvere il problema sostituendo il gas russo con l'importazione (via nave) del gas liquefatto, compreso il gas d'origine statunitense. Il suddetto "suggerimento" si basa sulle dichiarate nuove opportunità offerte dalla produzione americana di "shale gas". Ma, a differenza di quanto viene comunemente dichiarato dai media mainstream, quest'ultimo non è una fonte di approvvigionamento né certa negli anni, né immediata, né tantomeno economica.
IL PROBLEMA UCRAINO - Il gas liquefatto, qualsiasi sia la sua provenienza, avrebbe costi maggiori e più volatili di quello russo. Le nostre bollette rincarerebbero quindi in maniera imprevedibile. Oltre a tutelare l'interesse dei cittadini e delle imprese europee diversificando le fonti, bisognerebbe mantenere i rapporti commerciali con tutti i potenziali fornitori. La Russia, in particolare, si è dimostrata finora puntuale e affidabile; le crisi del passato (e quelle presenti) sono sempre e solo la conseguenza della questione Ucraina. Il motivo è semplice: geograficamente l'Ucraina (con i suoi gasdotti) fa da cerniera tra la Russia e l'Unione Europea.

IL SOSPETTO - Viene dunque il sospetto che la Commissione Europea abbia usato l'ultima crisi ucraina come pretesto per cambiare la politica energetica e per inaugurarne una di emergenza che non risolve affatto i problemi energetici dell'UE. Il sospetto è legittimo, dal momento che, in tutti questi anni, la dipendenza energetica dell'UE è aumentata senza che la Commissione muovesse un dito. Parliamo, solo per fare un esempio, della produzione d'idrocarburi nel Mare del Nord che continua a declinare da anni, ed è solo in parte compensata dallo sviluppo delle rinnovabili.
LA STRADA PER L'INDIPENDENZA - Come dicevamo, la politica energetica emergenziale della Commissione Europea non va assolutamente al nocciolo dei problemi dell'UE. Propone anzi di risolvere la situazione diversificando ed ampliando il numero dei fornitori di gas e suggerendo di includervi anche gli Stati Uniti. E' un'ottica fossile e soprattutto limitata. La Commissione non tiene conto di una cosa importantissima: indipendenza energetica significa indipendenza politica. L'UE, così povera di combustibili fossili, può costruire la sua indipendenza energetica solo attraverso le energie rinnovabili. Non dimentichiamoci poi che è la stessa Commissione Europea ad ammettere che è necessario aumentare la produzione. Il problema è che ci si riferisce ad ogni tipo di energia, perfino quella improponibile e pericolosa ricavata dal "fracking" e dal nucleare.
IL FUTURO - Infine, la Commissione vuole contrabbandare per "resilienza energetica" la costruzione di nuove infrastrutture come il gasdotto TAP, che verrebbe calato dall'alto in una delle zone più belle d'Italia (contro il parere delle comunità locali). La vera resilienza consiste invece in una questione sociale: nasce dal basso, dalle comunità che fanno rete, che si rimodellano e si riorganizzano per imparare a vivere con sempre meno energia fossile ma producendo e scambiando sempre più energia rinnovabile.
GLI EMENDAMENTI DEL M5S - Abbiamo quindi chiesto di ammorbidire (e a volte stralciare) tutte le parti della comunicazione "Strategia sulla sicurezza energetica" che consistono in una dichiarazione di guerra commerciale alla Russia, per non aggravare una situazione già tesa. Gli altri nostri emendamenti sono orientati al raggiungimento di una vera sicurezza energetica e resilienza sul lungo periodo, utilizzando un approccio olistico. Vogliamo evitare investimenti in infrastrutture basate sul fossile, ma puntare con forza sulle rinnovabili e sulla riduzione dei consumi attraverso l'efficienza: l'unica vera soluzione europea per ambire all'indipendenza energetica.

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