sabato 31 gennaio 2015

Facciamo luce sulla situazione energetica UE. Il M5S indica la strada: #ilfuturoèadesso

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La crisi politica in Ucraina ha pesanti risvolti sul settore dell'energia. L'Unione Europea, per soddisfare i suoi bisogni, è costretta a importare il 53% dall'energia che consuma, fra cui il 90% del petrolio e il 66% del gas. Nel dettaglio, circa il 25% del gas (e il 30% del petrolio) bruciato arriva dalla Russia e il gas passa (in gran parte) dall'Ucraina.
LA STRATEGIA DELLA COMMISSIONE - La Commissione Europea, nella sua comunicazione del 28 maggio 2014 "Strategia sulla sicurezza energetica", suggerisce di risolvere il problema sostituendo il gas russo con l'importazione (via nave) del gas liquefatto, compreso il gas d'origine statunitense. Il suddetto "suggerimento" si basa sulle dichiarate nuove opportunità offerte dalla produzione americana di "shale gas". Ma, a differenza di quanto viene comunemente dichiarato dai media mainstream, quest'ultimo non è una fonte di approvvigionamento né certa negli anni, né immediata, né tantomeno economica.
IL PROBLEMA UCRAINO - Il gas liquefatto, qualsiasi sia la sua provenienza, avrebbe costi maggiori e più volatili di quello russo. Le nostre bollette rincarerebbero quindi in maniera imprevedibile. Oltre a tutelare l'interesse dei cittadini e delle imprese europee diversificando le fonti, bisognerebbe mantenere i rapporti commerciali con tutti i potenziali fornitori. La Russia, in particolare, si è dimostrata finora puntuale e affidabile; le crisi del passato (e quelle presenti) sono sempre e solo la conseguenza della questione Ucraina. Il motivo è semplice: geograficamente l'Ucraina (con i suoi gasdotti) fa da cerniera tra la Russia e l'Unione Europea.

IL SOSPETTO - Viene dunque il sospetto che la Commissione Europea abbia usato l'ultima crisi ucraina come pretesto per cambiare la politica energetica e per inaugurarne una di emergenza che non risolve affatto i problemi energetici dell'UE. Il sospetto è legittimo, dal momento che, in tutti questi anni, la dipendenza energetica dell'UE è aumentata senza che la Commissione muovesse un dito. Parliamo, solo per fare un esempio, della produzione d'idrocarburi nel Mare del Nord che continua a declinare da anni, ed è solo in parte compensata dallo sviluppo delle rinnovabili.
LA STRADA PER L'INDIPENDENZA - Come dicevamo, la politica energetica emergenziale della Commissione Europea non va assolutamente al nocciolo dei problemi dell'UE. Propone anzi di risolvere la situazione diversificando ed ampliando il numero dei fornitori di gas e suggerendo di includervi anche gli Stati Uniti. E' un'ottica fossile e soprattutto limitata. La Commissione non tiene conto di una cosa importantissima: indipendenza energetica significa indipendenza politica. L'UE, così povera di combustibili fossili, può costruire la sua indipendenza energetica solo attraverso le energie rinnovabili. Non dimentichiamoci poi che è la stessa Commissione Europea ad ammettere che è necessario aumentare la produzione. Il problema è che ci si riferisce ad ogni tipo di energia, perfino quella improponibile e pericolosa ricavata dal "fracking" e dal nucleare.
IL FUTURO - Infine, la Commissione vuole contrabbandare per "resilienza energetica" la costruzione di nuove infrastrutture come il gasdotto TAP, che verrebbe calato dall'alto in una delle zone più belle d'Italia (contro il parere delle comunità locali). La vera resilienza consiste invece in una questione sociale: nasce dal basso, dalle comunità che fanno rete, che si rimodellano e si riorganizzano per imparare a vivere con sempre meno energia fossile ma producendo e scambiando sempre più energia rinnovabile.
GLI EMENDAMENTI DEL M5S - Abbiamo quindi chiesto di ammorbidire (e a volte stralciare) tutte le parti della comunicazione "Strategia sulla sicurezza energetica" che consistono in una dichiarazione di guerra commerciale alla Russia, per non aggravare una situazione già tesa. Gli altri nostri emendamenti sono orientati al raggiungimento di una vera sicurezza energetica e resilienza sul lungo periodo, utilizzando un approccio olistico. Vogliamo evitare investimenti in infrastrutture basate sul fossile, ma puntare con forza sulle rinnovabili e sulla riduzione dei consumi attraverso l'efficienza: l'unica vera soluzione europea per ambire all'indipendenza energetica.

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giovedì 29 gennaio 2015

ECCO IL PIANO DELLE LOBBY PER APPROVARE IL #TTIP. DOCUMENTO ESCLUSIVO!!!

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Le lobby hanno preparato la controffensiva. Dopo mesi di stallo nei negoziati le prime pedine iniziano a muoversi perché le multinazionali vogliono chiudere in fretta la partita. La discussione sul Trattato di Libero scambio fra Europa e USA si è arenata. Nonostante l'accelerazione impressa da Renzi durante il semestre di presidenza italiano dell'Unione europea, non si sono avvicinate le posizioni fra le due sponde dell'Atlantico nel campo dell'ambiente, della sanità e dell'agricoltura. Le proteste dei cittadini contro il TTIP sono arrivate nel cuore dell'Europa. Persino la Merkel ha i suoi dubbi.
Per schiacciare tutte queste resistenze, le lobby hanno "suggerito" come raggiungere l'accordo a chi sta conducendo i negoziati. Lo dimostra questo documento che il Movimento 5 Stelle Europa ha consultato.pdf Il titolo è: "Agricoltura, cibo e TTIP: possibilità e insidie". Il committente è il "Center for Transatlantic Relations". La realizzazione è stata affidata a due istituti di ricerca che fanno del liberismo economico la propria bandiera, uno è il "Centre for european policy studies" e l'altro la "Johns Hopkins university".
Nel documento si analizza minuziosamente l'andamento del negoziato e si elencano tutte le difficoltà ad andare avanti, inclusi tutti i principi cui l'Unione europea non è disposta a rinunciare. Poi gli autori cercano il compromesso perfetto, la soluzione che - secondo loro - metterebbe tutti d'accordo. Eccolo qua a pagina 24.
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Dal 2 al 6 febbraio a Bruxelles è previsto un nuovo round negoziale fra Europa e Stati Uniti. Bisogna impedire che questi "consigli" interessati possano esser presi in considerazione. Altrimenti, queste saranno le conseguenze

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Il Movimento 5 Stelle mette in guardia su:
A) il rispetto della volontà del 97% dei cittadini europei che ha detto NO all'inserimento della clausola ISDS nel TTIP. Alla consultazione pubblica lanciata dalla Commissione Europea hanno risposto in 150 mila. Numeri da record per impedire alle multinazionale di condizionare il potere pubblico.
B) il superamento del principio di precauzione che guida la regolamentazione europea in materia di produzione e consumo. Le restrizioni sanitarie e ambientali in vigore oggi permettono al cibo "made in Europe" di essere di qualità e più sicuro.
C) il ridimensionamento del principio della tutela della diversità e della territorialità del prodotto a danno dei marchi DOP e IGP, che garantiscono qualità e riconoscibilità ai prodotti italiani.
D) la commercializzazione della carne clonata. Negli Stati Uniti non esiste una etichettatura dei prodotti clonati. Con questa liberalizzazione chi controllerebbe?
E) l'allungamento dei tempi dei brevetti e dei limiti alla circolazione dei farmaci generici, come richiesto dalle case farmaceutiche. Risultato? I prezzi più alti per i farmaci pagati dal sistema sanitario nazionale e riduzione della concorrenza.
F) la composizione dei cosmetici. In Europa sono oltre 1.300 gli ingredienti che non possono entrare nella composizione di cosmetici, in USA gli ingredienti vietati sono meno di 20. Inoltre, in Europa i cosmetici non possono essere testati sugli animali mentre negli USA questo è consentito.


NESSUN COMPROMESSO E' POSSIBILE SUL TTIP
 
 
 

mercoledì 28 gennaio 2015

Ecoreati. Via libera in Senato alla nuova legge sui delitti ambientali

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Si è concluso finalmente l'esame del Ddl Delitti Ambientali in commissioni congiunte Ambiente e Giustizia al Senato. E' un provvedimento che vede l'apporto decisivo del Movimento 5 Stelle, grazie al lavoro instancabile dei portavoce in Parlamento, sostenuto dal lungo dibattito critico e dalla pressione mediatica di gran parte della società civile e dei movimenti ambientalisti.
Possiamo affermare che il testo uscito dalle commissioni sia decisamente migliorato e che siano state superate molte criticità evidenziate in questi mesi. Il provvedimento, già approvato dalla Camera, con le modifiche apportate al Senato dovrà tornare in seconda lettura a Montecitorio.
Una proposta di legge che annovera tra i suoi promotori il Movimento 5 Stelle, per mezzo del nostro portavoce Salvatore Micillo, e introdurrà per la prima volta nel codice penale nuove fattispecie di delitti e reati connessi all'ambiente, come del resto accade già in altri paesi europei. Una legge che sancisce un principio apparentemente semplice: chi inquina paga.
Al Senato abbiamo inserito importanti modifiche.
Una vittoria del M5s è l'emendamento con cui viene soppressa la controversa parte settima: disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale. Tra le novità il ravvedimento operoso, che instaura meccanismi premiali per chi si adopera alla bonifica o alla messa in sicurezza o, nel caso di dolo, collabora fattivamente con gli inquirenti. È stata anche prevista la confisca dei beni alle ecomafie, che insieme ai loro eventuali proventi, verranno messi a disposizione dell'amministrazione pubblica competente e vincolati all'uso dopo una bonifica".
Sono stati introdotti quattro tipi di reato ambientale: intanto, è stata chiarita la controversa definizione di disastro ambientale, e anche quella di inquinamento ambientale.
Un passaggio necessario per evitare il rischio di "abolitio criminis", ovvero che un fatto costituente reato secondo la legge vigente non lo sia più in caso venga approvata una nuova legge. Le pene previste variano da 5 a 15 anni per disastro ambientale; da 2 a 6 anni (e da 10mila a 100mila euro) per inquinamento ambientale.
Definiti anche i nuovi reati di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, punito con il carcere da 2 a 6 anni; e impedimento del controllo, reato che prevede una pena detentiva da 3 a 6 mesi.
In particolare, si configura il reato di disastro ambientale per chiunque causi "alternativamente" una delle seguenti fattispecie: A) l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema; B) l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; C) l'offesa alla pubblica incolumità, determinata con riferimento alla capacità diffusiva degli effetti lesivi della condotta".
L'inserimento dell'avverbio "alternativamente" e dunque prevedere che sia sufficiente una sola delle tre condizioni per configurare ipotesi di reato, è stato possibile grazie all'approvazione di un emendamento del M5S.
Infine abbiamo previsto che nel caso di un reato ambientale commesso per colpa, e non per dolo, il soggetto responsabile possa usufruire di una riduzione di pena solo nel caso in cui interrompa l'azione delittuosa, collabori con le forze di polizia e provveda all'immediata messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi.


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lunedì 26 gennaio 2015

L'ipocrisia delle istituzioni europee!!!

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Oggi abbiamo fatto breccia nel muro dell'ipocrisia europea. Con un'interrogazione a Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea e commissario per l'Euro e il dialogo sociale, abbiamo chiesto l'istituzione di una normativa per far decidere ai cittadini in modo democratico la permanenza o meno nell'Euro. Abbiamo anche chiesto se non sia una contraddizione che nella stessa Europa esistano Paesi a cui è permesso non adottare la moneta unica.



La risposta è stata sorprendente. Pochissime righe per dirci che non si parla di "opzione politica", ribadendone di fatto la sua irreversibilità.
D'altronde, ci erano bastate le scelte sul Quantitative Easing fatte da Mario Draghi (e Angela Merkel) per capire che a dominare in questa Europa rimane la Germania. Comprare titoli di Stato senza pensare all'economia reale e lasciando tutto il rischio alle banche centrali nazionali equivale ad ammettere l'inesistenza di una politica monetaria unica.


 

sabato 24 gennaio 2015

Nella Delega sulla P.A. spunta l'ombra di un 'Salva-Renzi'

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L'epoca delle leggi ad personam, che molti speravano archiviata con la fine del governo Berlusconi, potrebbe non essersi conclusa. E anche da questo governo potrebbero arrivare sorprendenti colpi di scena.
Nella legge delega sulla Pubblica Amministrazione in esame al Senato, infatti, è spuntato un emendamento della maggioranza che a prima vista farebbe pensare all'ennesima legge ad personam, e sulla quale, lo diciamo subito, chiediamo che Matteo Renzi faccia immediatamente chiarezza.
Partiamo dai fatti. Il 5 agosto 2011 Matteo Renzi viene condannato in primo grado dalla Corte dei Conti per danno erariale per fatti legati all'epoca in cui era Presidente della Provincia di Firenze. La Corte dei Conti gli contesta la categoria di inquadramento di quattro persone nello staff, assunte presso la provincia di Firenze a tempo determinato in categoria D (laureati) anziché C (non laureati) in violazione delle disposizioni riguardanti la contrattazione collettiva del comparto, con un danno erariale di circa 816 mila euro.
La Corte prevede il pagamento di una somma totale di 50 mila euro, di cui 14 mila a carico di Renzi, i restanti a carico di venti persone fra colleghi di Giunta e funzionari. Alla fine del procedimento, e nonostante la condanna, Renzi attribuì la responsabilità delle assunzioni contestate dalla Corte dei Conti ai funzionari della Provincia dichiarando: "non si tratta di amici e parenti, e se un dirigente ha sbagliato l'inquadramento ce ne assumeremo la responsabilità, ma è difficile accettare l'idea che siano gli amministratori e non i funzionari i responsabili di questi eventuali errori tecnici". Renzi impugna in appello la sentenza e la Corte dei Conti riapre il caso con una prima udienza che si è svolta a settembre 2014.
Ma i problemi di Renzi con le assunzioni pubbliche non finiscono qui. Sempre la Corte dei Conti, infatti, nel novembre 2012 rileva che il bilancio del Comune di Firenze negli anni 2012-2013, cioè proprio sotto l'amministrazione Renzi, presentava "una reiterata irregolarità contabile contraria ai principi di sana gestione" legata proprio a delle assunzioni che andavano oltre le possibilità del bilancio del Comune.
A giugno 2014 compare la bozza del decreto sulla P.A. e già qui c'è il primo tentativo dell'attuale governo di infilarci una norma 'salva Renzi'. Colto con le mani nel sacco, il governo affida allo staff di Palazzo Chigi il dietrofront: "C'è un errore, lo faremo sparire".
Bene. Ora, a distanza di sette mesi, spunta fuori un emendamento sempre al disegno di legge delega n. 1577 sulla riorganizzazione della PA, presentato nei giorni scorsi dal senatore del Pd e relatore del provvedimento Giorgio Pagliari, che a una prima lettura sembra costruito ad arte per mettere nuovamente fine ai guai giudiziari del premier Renzi e aggirare la possibile sentenza definitiva della Corte dei Conti.

L'emendamento è il n. 13.500 e va a modificare l'art. 13 della legge delega (quello relativo al Riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) al punto g, prevedendo "il rafforzamento del principio di separazione tra indirizzo politico - amministrativo e gestione del conseguente regime di responsabilità dei dirigenti, anche attraverso l'esclusiva imputabilità agli stessi della responsabilità amministrativo - contabile per l'attività gestionale".
Questo cosa significa? Significa che per effetto dell'emendamento Pagliari per ogni danno erariale provocato da un ufficio e/o ente pubblico (come quello che la Corte dei Conti della Toscana contesta a Renzi), la responsabilità esclusiva da un punto di vista della gestione amministrativo - contabile ricade solo e soltanto sul dirigente stesso e non su chi è a capo dell'ufficio preposto. Conclusione: Renzi potrebbe essere esente da qualsiasi responsabilità come Presidente della Provincia di Firenze e potrebbe far ricadere tutto sulle spalle dei dirigenti e il processo a suo carico automaticamente potrebbe essere cancellato con un tratto di penna.
Se vogliamo credere che la prima volta si è trattato di un errore in buona fede, questo secondo tentativo, a distanza di così poco tempo, insospettisce e non poco. Per questo chiediamo al premier Matteo Renzi di fugare ogni dubbio sul fatto che questa norma possa andare, anche indirettamente, a cancellare il suo processo, sanando così i suoi guai con la giustizia.

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giovedì 22 gennaio 2015

'Split Payment', la norma del governo che spacca le gambe alle imprese!!!

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Dopo averle già mazzolate ben bene, il governo Renzi sferra un altro attacco contro le aziende italiane. Questa volta parliamo di Iva: la norma in questione si chiama 'Split payment', letteralmente 'spacca il pagamento', anche se in realtà ad essere spaccate sono le gambe delle nostre imprese, grandi e piccole.
La norma, inserita alla chetichella nella legge di Stabilità licenziata a poche ore dal Natale, prevede che da quest'anno le Pubbliche Amministrazioni non paghino più alle aziende l'Iva sulle fatture ricevute per forniture di beni e servizi, ma che la versino direttamente all'erario.
Facciamo l'esempio di un'azienda che fattura di imponibile 10 milioni di euro nei confronti della P.A.: fino a ieri questa azienda avrebbe regolarmente incassato i 2 milioni e 200 mila euro di Iva, che sarebbero andati a reintegrare l'Iva che l'azienda paga, a sua volta, ai suoi fornitori. Ora invece, l'azienda dovrà comunque continuare a pagare l'Iva ai suoi fornitori, senza però vedersi pagata quella che gli spetta dalla Pubblica Amministrazione.
In sostanza, lo Stato si è fatto una norma su misura per poter avere sempre liquidità nelle proprie casse a spese delle imprese. Queste, con i tempi biblici previsti per i rimborsi, con gli intoppi burocratici e con i decreti attuativi della norma ancora mancanti, si ritroveranno nei guai: riusciranno a pagare fornitori, tasse e buste paga dei dipendenti? Crediamo proprio di no.
Questa incredibile e paradossale situazione andrà a pesare soprattutto sulle spalle delle piccole imprese, già sofferenti a causa dell'impossibilità di accedere ai crediti bancari.
Durante la Legge di stabilità il Movimento 5 Stelle si è opposto con tutte le sue forze a questa norma, osteggiata anche dall'Europa. Ora torniamo a chiedere per l'ennesima volta a Renzi di fermare lo 'split payment', che rischia di mettere definitivamente in ginocchio le nostre imprese.


mercoledì 21 gennaio 2015

Inammissibile il referendum della Lega Nord sulla Legge Fornero in materia di pensioni


FAIL - REFERENDUM FORNERO
Ieri la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum della Lega Nord sulla Legge Fornero in materia di pensioni. E’ sicuramente una notizia triste, in quanto i cittadini non si potranno esprimere su una riforma che ha distrutto la serenità di milioni di vite. In molti si sono chiesti per quale ragione il M5S non abbia sostenuto la campagna referendaria, semplice: tutti sapevano, compresa la Lega, che c’erano più sentenze della Corte Costituzionale (n.16/1978 e n.2/1994) che in passato hanno sancito l’incostituzionalità dei referendum riguardanti il riordinamento del sistema previdenziale. L’aggravante della Lega, oltre al fatto di aver illuso gli oltre 600 mila firmatari, è quello di aver votato nella scorsa legislatura il pareggio di bilancio in Costituzione (art. 81 Cost.) in uno dei due rami del Parlamento, vincolo che con molta probabilità costituirà una delle maggiori cause ostative sull’ammissibilità del referendum, in quanto non si potrebbero proporre nuove spese senza aver individuato le coperture; per aver conferma di ciò dovremo comunque attendere la pubblicazione della sentenza della Consulta che arriverà nei prossimi giorni. Sia chiaro, il M5S è per l’abrogazione immediata della scellerata Legge Fornero e per questo ha presentato vari emendamenti e ordini del giorno, sempre bocciati dalla maggioranza. E’ sempre un gran peccato vedere negata la possibilità dei cittadini di esprimere la propria volontà, per questa ragione il M5S da sempre si batte per implementare gli strumenti partecipativi dei cittadini, come l’obbligo di discussione in parlamento delle Leggi di iniziativa popolare e l’istituzione dei referendum propositivi senza quorum (modello svizzero).
Queste sarebbero delle armi democratiche incredibili, se solo fossero nelle mani dei cittadini, in quanto consentirebbero il superamento di tutte quelle norme vergognose partorite da una classe politica da sempre lontana dai problemi dei cittadini!


 


 

martedì 20 gennaio 2015

Sofferenze bancarie: le tentazioni del governo e la proposta M5S

Euro-banche.jpgLa sempre più grave crisi economica sta producendo crescenti sofferenze bancarie che non sono altro che perdite potenziali nei bilanci delle banche. Qualcuno è tentato dalla storica italica abitudine di privatizzare i profitti e, soprattutto, socializzare le perdite. Pare infatti che il governo starebbe lavorando a un progetto simile a quello di una "bad bank" vera e propria, ma, un po' più sofisticato, sfruttando l'atteso quantitative easing da almeno 500 miliardi che la Bce si prepara a lanciare nei prossimi mesi.
In pratica la Banca centrale europea dovrebbe acquistare dalle banche nostrane, i nostri mutui (anche quelli un po' sospetti) con rating rivalutati da una garanzia statale. L'obiettivo è sempre lo stesso: alleggerire i bilanci degli istituti, liberando capitale accantonato e quindi riattivando il credito a favore dell'economia reale. E' un modo creativo per pubblicizzare le eventuali perdite per aiutare non i deboli, ma i poteri forti dell'alta finanza.
Il M5S propone un approccio diverso, che permette l'avvio a soluzione del problema facendo contemporaneamente ripartire lo sviluppo. La causa delle tante sofferenze sta, infatti, nella crescente massa dei piccoli e medi debitori. I quali peraltro sono gli stessi che vengono chiamati a pagare crescenti fardelli fiscali proprio in ragione della riduzione marcata del Pil. Quindi la necessità di invertire la tendenza può essere soddisfatta solo se si punta alla promozione dello sviluppo delle piccole e medie imprese e dei consumi delle famiglie, che insieme produrranno una sensibile variazione positiva del prodotto interno lordo. Che senso infatti ha pubblicizzare le perdite del sistema del credito se questo produce ulteriore dissesto del bilancio pubblico e quindi aumento del carico fiscale proprio a danno dei produttori di reddito che sono Pmi e famiglie di lavoratori?
In tal senso, il M5S ha già uno strumento pronto e disponibile. La nostra proposta, passata in legge di Stabilità (comma 246 L.190/2014, prima firma Francesco Cariello), in base alla quale si può sospendere la restituzione della quota capitale delle rate dei mutui e i prestiti per il prossimo triennio.
Un massiccio e corale ricorso a questa possibilità consentirebbe:
1) di migliorare la redditività degli istituti che incasserebbero più interessi dai mutuatari che si giovano della moratoria;
2) questa maggiore redditività sosterrebbe anche la patrimonializzazione degli intermediari creditizi;
3) molti crediti, grazie alla sospensione, non finirebbero tra le sofferenze, che scatterebbero solamente in caso di mancata corresponsione degli interessi;
4) questi crediti, essendo tossici in misura molto minore, diverrebbero anche un collaterale migliore da offrire alla Bce in cambio di prestiti;
5) la maggiore crescita sarebbe di almeno un punto percentuale soltanto grazie a questa misura;
La moratoria di prestiti e mutui voluta dal M5S mette Pmi e famiglie al centro della soluzione, perché imprese e nuclei familiari sono oggi al centro e il centro del problema. Se non riparte il tessuto economico fondamentale del Paese, non ci sono strumenti che basteranno mai: la pubblicizzazione delle perdite, nella misura in cui produce ulteriori aggravi per il bilancio statale, riproduce le condizioni che hanno contribuito a creare la crisi.
Il M5S capovolge la prospettiva. Un'altra visione è possibile. Solo un'altra visione è risolutiva. Questa proposta è ormai legge ed è operativa dal primo gennaio 2015! Cosa impedisce alle banche di adeguarvisi? Come mai il governo non dà immediato seguito a quanto esso stesso ha condiviso e che è l'unica cosa veramente positiva di tutta la Legge di stabilità?
Di chi è ostaggio il governo? Di un potere forte o di una stupidità collettiva?
 
 
 

lunedì 19 gennaio 2015

OGM, Evi (M5S): "Ecco perché abbiamo detto No"

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 "Abbiamo votato contro la nuova direttiva sugli OGM perché nasconde pericoli per gli stati che dicono no al transgenico". Così Eleonora Evi (M5S) sulla nuova normativa Ue che permetterà ai singoli paesi di vietare una coltura OGM sul proprio territorio anche se approvata a livello comunitario. "Troppo potere alle multinazionali, motivi di divieto troppo deboli e perciò impugnabili e niente rivalsa economica nei confronti delle aziende che tsagrediscono". Queste le mitigazioni che hanno spinto gli eurodeputati M5S a dire no, assieme ai Verdi e alla Sinistra Unita. "Sono sempre troppi i conflitti d'interesse all'Efsa", l'autorità europea di sicurezza alimentare, conclude la Evi.
da Il Fatto Quotidiano del 15.01.2015

sabato 17 gennaio 2015

Moody's: Grecia più ricca fuori dall'euro!!!

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L'agenzia di rating Moody's sostiene che un'uscita dall'euro della Grecia sarebbe positiva per gli ellenici, rilanciando nel medio periodo la loro economia.
Il ragionamento degli analisti finanziari è corretto, per tre motivi:
1) La Grecia tornerebbe ad una moneta compatibile con la sua economia, e svaluterebbe quindi rispetto all'euro e alle altre valute. Questo renderebbe più competitive sui mercati esteri le merci greche, aumentando le esportazioni e quindi l'occupazione interna.
2) La ritrovata sovranità monetaria consentirebbe al Governo greco, di concerto con la Banca nazionale, di fare deficit positivi per l'economia, ovvero diretti alle infrastrutture, al rilancio dell'occupazione e dei redditi, invece che al pagamento di enormi interessi sul debito pubblico.
3) Lo stesso debito pubblico sarebbe molto meno costoso, perché la Banca centrale greca potrebbe acquistarne la parte non venduta sui mercati, abbassando i tassi di interesse.
Queste manovre combinate rilancerebbero i consumi e quindi anche l'occupazione e i salari. Presto alla domanda estera (esportazioni) si sostituirebbe una florida domanda interna, garantendo alle aziende greche profitti stabili.
Per la Grecia il pericolo arriverebbe nel breve periodo. L'uscita dall'euro sarebbe difficile da gestire, perché buona parte del debito pubblico ellenico è stato contratto in euro con istituzioni sovranazionali e non potrebbe essere riconvertito nella nuova dracma. La Grecia, a differenza dell'Italia, dovrebbe contare sulla benevolenza dei creditori esteri, e non pagare tutto il debito o dilazionarlo negli anni. La svalutazione, oltre a rendere più oneroso il debito in euro, aumenterebbe il costo delle importazioni, necessarie alla Grecia per ripartire perché il suo tessuto industriale è stato messo a durissima prova da euro e austerità.
La conclusione di Moody's, però, rimane valida: un Paese con la sua moneta può trasformare il debito in ricchezza dei suoi cittadini, investire in ricerca, scuola, innovazione e infrastrutture, agevolando il settore privato e la collettività. Lo stesso debito, stimolando il Pil, si ripagherebbe da sé.
Inutile dire che l'Italia, nonostante la crisi prolungata, è un'economia ben più avanzata e solida di quella greca. Le nostre difficoltà con il debito pubblico, l'impoverimento delle famiglie e la disoccupazione sono strettamente legate all'assenza di sovranità monetaria. Sebbene l'uscita vada gestita con attenzione e competenza, le difficoltà di breve periodo sarebbero irrisorie rispetto a quelle greche. Va notato, ad esempio, che circa il 94% del nostro debito pubblico potrà essere convertito in lire, perché contratto sotto diritto italiano. Imponendo il controllo dei movimenti dei capitali e costringendo le banche commerciali ad acquistare parte del nostro debito, la nuova lira si stabilizzerebbe ben presto sui mercati valutari e il Governo potrebbe indirizzare l'economia verso il rilancio della domanda interna, alti salari e alti profitti, rendendosi gradualmente più indipendente dai mercati esteri e dalla speculazione.
L'uscita dall'euro va preparata con grande serietà, preparando un piano di rilancio industriale e di gestione finanziaria dell'uscita, ma ciò che nemmeno Moody's riesce più a negare è che dentro l'euro ci aspetta un lento e soffocante declino, mentre fuori sovranità, sviluppo e democrazia.

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giovedì 15 gennaio 2015

Le famiglie italiane NON si stanno arricchendo #Renzimente

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Del discorso di Renzi al Parlamento europeo è rimasto solo un ricordo: il presunto arricchimento delle famiglie italiane. Non potendo pescare alcun risultato dal suo inutile semestre di presidenza europeo, il premier si è letteralmente inventato una notizia.
Il Bollettino Statistico di dicembre dedicato alla ricchezza delle famiglie parla chiarissimo, e non proviene dai "gufi" del M5S, ma da Banca d'Italia.
Il dato più sintetico e importante è quello della ricchezza netta delle famiglie, che risulta dalla somma di attività reali (abitazioni, fabbricati, terreni, oggetti di valore, brevetti) e finanziarie (contante, depositi, risparmi postali, titoli, azioni, fondi comuni, crediti commerciali), a cui va sottratto l'ammontare delle passività finanziarie (prestiti ricevuti, mutui, debiti commerciali).
La ricchezza netta delle famiglie nel 2013 ammonta ad 8.728 miliardi di euro. Non bisogna farsi impressionare dal numero, che comprende decine di milioni di nuclei famigliari. La realtà è che rispetto al 2012 è certificato un calo di circa 150 miliardi di euro, pari all'-1,4% in termini nominali e all'-1,7% in termini reali (si aggiunge l'inflazione). Se si guarda la dinamica di medio periodo i dati sono ancora più impressionanti. Da fine 2007 al 2013 si assiste ad un tonfo tremendo del -8% in termini reali.
Inutile dire che anche i dati del 2014 seguono questa tragica tendenza. Secondo le stime preliminari, nel primo semestre ci sarebbe stato un altro calo della ricchezza netta del -1,2% in termini nominali, e il dato reale si attesta allo stesso livello, essendo l'Italia vicinissima alla deflazione. Una tragedia sociale che Renzi è riuscito a trasformare in un vanto da esibire in Europa in risposta alle critiche del M5S. Magie di un prestigiatore.
Entrando nei particolari di questa vera e propria erosione di ricchezza, va notato che a diminuire di più, negli ultimi anni, sono state le attività reali (a causa del crollo del valore delle abitazioni e dei fallimenti a tappeto delle piccole e medie imprese). Il calo è stato del -3,5% nel solo 2013 rispetto all'anno precedente e di un altro -1,2% nel primo semestre 2014. Non deve ingannare la lieve diminuzione delle passività finanziarie nel 2013 (-1,1%), perché in buona parte è dovuta ancora al fallimento delle imprese, con successiva estinzione del debito e aumento delle sofferenze bancarie. Peraltro nel primo semestre 2014 le passività finanziarie hanno ricominciato a crescere a ritmo spedito (+2,2%).
Ad aumentare nel 2013 dopo 8 anni di diminuzione sono state invece le attività finanziarie, e su questo dato Renzi ha costruito la sua menzogna. Ma la recente crescita delle attività finanziarie, in un contesto di generale impoverimento, è un sintomo positivo? Per niente.
La ragione è molto semplice: in un'economia in recessione da molti anni, con i redditi da lavoro in forte calo (precarietà più disoccupazione), il cittadino medio penserà a tutelarsi per il futuro, essendo il presente nerissimo. Questo significa che aumenterà la sua propensione al risparmio rispetto al reddito percepito. I cittadini investiranno in titoli sicuri o depositeranno sul conto bancario gran parte dei loro sempre più magri guadagni. Il dato sulle attività finanziarie sarà così preceduto da un rassicurante segno +, che in realtà è il più evidente sintomo del fallimento economico del Governo, perché maggiori risparmi in un'economia depressa faranno calare ancora i consumi, e con essi le vendite delle imprese. Il circolo vizioso si alimenterà ampliando ulteriormente la disoccupazione ed erodendo in breve tempo quei pochi risparmi accantonati.
Renzi mente, come sempre, ma ormai è costretto a farlo tanto palesemente da risultare grottesco. Chi può credere, infatti, che con decine di negozi chiusi in ognuna delle nostre città e la disoccupazione alle stelle, le famiglie italiane si stiano arricchendo? Solo un popolo allucinato da decenni di disinformazione può dare ancora fiducia al fedele servitore dell'euro e dei creditori esteri...

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mercoledì 14 gennaio 2015

Falso in bilancio: governo finge di reintrodurre reato, ma lascia tutto come prima!!!

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Dopo il "salva-Berlusconi" inserito dalla manina di Renzi nel decreto sulla delega fiscale, il M5S scopre un'altra vergognosa magagna firmata dal governo, questa volta in materia di falso in bilancio.
Nel 2005 Berlusconi cancellò, con un colpo di spugna, il reato di falso in bilancio. Il governo, sollecitato da più parti, in primis dal Movimento 5 Stelle che da sempre chiede di reintrodurre questo reato, è stato costretto a correre ai ripari. O meglio, ha fatto finta di farlo, ma così non è. E vi spieghiamo il perchè.
In un primo momento, con il pacchetto anticorruzione in esame in Commissione Giustizia al Senato, la maggioranza aveva presentato un testo che conteneva modifiche all'attuale art. 2621 c.c. e reintroduceva il reato di falso in bilancio, inasprendo le pene fino a 6 anni. Ma soprattutto, andava ad eliminare quelle cause di non punibilità che all'epoca Berlusconi aveva introdotto per salvare Mediaset e che prevedevano chiaramente che chi falsifica il bilancio in misura inferiore al 5% del risultato economico di esercizio, cioè dell'utile d'impresa, o nella misura dell'1% del patrimonio netto, non è penalmente perseguibile.
Fin qui tutto bene. Se non fosse che, all'improvviso, è spuntata la magica manina che ancora una volta ha cambiato le carte in tavola: con un emendamento presentato al testo base della Commissione (7.1000), il governo ha mantenuto quelle cause di non punibilità che erano state introdotte da Berlusconi.
Risultato: Renzi andrà in tv a dire di aver reintrodotto il reato di falso in bilancio e di aver innalzato le pene per chi commette questo reato, ma la verità è che lascia intatta quella stessa depenalizzazione che ha permesso a Berlusconi e molti altri di farla franca. Con questa modifica si potrà impunemente continuare a falsificare i bilanci, basterà non superare il 5% dell'utile, esattamente come avviene oggi.
Facciamo un esempio e consideriamo due imprese, una grande e una piccola. Se la grande impresa ha un utile netto di 1 miliardo di euro, può tranquillamente falsificare il bilancio fino a 50 milioni di euro (pari al 5% dell'utile netto) senza timore di essere penalmente perseguita; nel caso della piccola impresa che ha un utile netto di 100 mila euro, invece, basta un falso in bilancio di 5 mila euro per far scattare il reato.
Come si vede, a trarne vantaggio saranno sempre i pesci grandi, che in questo modo potranno facilmente dar vita a fondi neri destinati ad alimentare la corruzione che solo a parole il Governo intende combattere.
Se il governo avesse davvero voluto reintrodurre il reato di falso in bilancio, avrebbe semplicemente dovuto eliminare queste cause di non punibilità (la soglia dell'1 e del 5%).
Di chi sarà stata questa volta la "manina"?

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martedì 13 gennaio 2015

L'assalto di Renzi alla prima casa!!!

Negli anni a venire la riforma del Catasto iniziata dal Governo Renzi potrebbe costringere i cittadini a nuovi e insopportabili sacrifici. Come se le attuali Imu e Tasi non bastassero, la prossima revisione dei valori catastali ne aumenterà ulteriormente il peso, a meno di un deciso taglio delle aliquote che non sembra per nulla probabile.
La sostanza della riforma prevede infatti il calcolo dei valori catastali degli immobili a partire dal valore di mercato e dai metri quadri, modificando l'attuale sistema basato sul numero dei vani. Il problema è che gli attuali valori catastali italiani, secondo i dati dell'Osservatorio del mercato immobiliare, sono in media 3,1 volte inferiori ai valori di mercato.
Aprendo il settore alle logiche di mercato, quindi, i valori catastali medi si alzeranno di molto e con essi gli esborsi per Imu, Tasi e altre imposte collegate alla prima e alla seconda casa. Nella delega fiscale, di cui la riforma del Catasto fa parte, è previsto per la verità che il nuovo metodo di calcolo avvenga a tassazione invariata. Ci chiediamo però come sarà possibile rispettare questo vincolo quando l'euro e i trattati europei ci costringono ogni anno ad aumentare la pressione fiscale nel nome dell'austerità e dei creditori esteri.
Se le aliquote non verranno toccate al ribasso, si stima che l'Imposta di registro, corrisposta in seguito alla compravendita dell'immobile, triplicherà, mentre Imu e Tasi raddoppieranno. Trattandosi di una media, per molti cittadini il conto sarà ancor più salato.
Prendendo, ad esempio, i dati 2014 di Milano, come fa il Corriere della Sera, il costo della Tasi sulla prima casa oscilla dai 210 euro per le case con valore catastale di 500 euro, fino ai 630 euro per le case con valore di 1500 euro. La riforma del catasto, a regime, potrebbe portare la Tasi sulla prima casa ad un valore che oscilla tra 410 e 1260 euro circa. A questi si aggiungerebbero i maggiori costi per una eventuale seconda casa, sulla quale è prevista anche l'Imu, restituendo un saldo finale macroscopico.
L'unica notizia positiva riguarda i tempi lunghi della riforma, che entrerà a regime probabilmente solo fra qualche anno perché dovranno essere rivalutati circa 62 milioni di immobili.
La via battuta dal Governo, però, sembra ancora una volta quella sbagliata. La fedeltà all'austerità europea e agli interessi finanziari si traduce in una pressione fiscale in continua crescita e oltre alla prima casa sono già stati messi nel mirino beni e servizi primari come la scuola, il trasporto pubblico e la sanità. Su un altro fronte il Jobs Act minaccia salari e stabilità del posto del lavoro.
Quello di Renzi è un assalto in piena regola alla ricchezza del Paese e a chi la produce, mentre il declino della nostra sovranità economica e parlamentare ci impedisce persino di reagire. La prima casa è un bene primario da tutelare con tutte le forze, e il M5S vigilerà perché le aliquote Imu e Tasi vengano sensibilmente abbassate come scritto nella delega fiscale. Se rivalutazione degli immobili deve esserci, che sia a costo zero per cittadini e imprese già soffocati da una gestione folle dell'economia.

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domenica 11 gennaio 2015

Jobs Act: una riforma alla spagnola imposta dalla Germania

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 Per farla sembrare qualcosa di moderno e innovativo, il governo ha dato alla sua riforma del lavoro un nome inglese. Ma il Jobs Act è tutto tranne che qualcosa di nuovo: è infatti un testo conservatore, già adottato in questi ultimi anni da altri Paesi Europei.
Renzi si è poi vantato di aver introdotto un sistema di lavoro come quello tedesco. Effettivamente la Germania c'entra perché sono state proprio la Merkel e l'Europa ad imporre questa riforma.
La verità è che il Jobs Act italiano è una copia della riforma del lavoro fatta dalla Spagna sin dal 2012. La legge 3/2012 del 6 luglio e la legge 11/2013 del 2 agosto, infatti, hanno introdotto nell'ordinamento spagnolo importanti cambiamenti che ora, a distanza di 2 anni, si sono dimostrati del tutto insufficienti. I risultati sono l'impoverimento della popolazione e l'aumento della precarietà.
Come il Jobs Act, la riforma spagnola ha introdotto il nuovo "contratto a tempo indeterminato di appoggio agli imprenditori", cioè l'equivalente dell'annunciato contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti del Governo Renzi. Peccato che ad oggi in Spagna la percentuale di lavoratori assunti a tempo indeterminato continui ad essere bassissima, intorno all'8%.
Facile capire il perchè: le riforme spagnole hanno favorito l'abbassamento dei salari e quindi hanno prodotto sul medio periodo un abbassamento dei costi delle merci spagnole rispetto a quelle degli altri Paesi europei. Sono aumentate così le esportazioni e alla domanda interna si è sostituita quella estera. La lieve e momentanea diminuzione della disoccupazione è stata quindi ottenuta al prezzo di una minore tutela del lavoro, salari più bassi, sempre meno diritti e maggiore migrazione all'estero.
Dal 2012 all'aprile del 2013 la disoccupazione spagnola ha continuato ad aumentare fino al picco del 26,2%. E' aumentato il lavoro di bassa qualità e il numero di precari, tra cui vengono ridistribuite le ore lavorative. In sostanza, dove prima c'era un lavoratore a tempo indeterminato che per 8 ore di lavoro al giorno guadagnava 1.000 euro mensili, ora ci sono 2 lavoratori assunti a tempo determinato che ne guadagnano 500 euro. Il risultato è che la disoccupazione diminuisce virtualmente, ma i lavoratori di fatto sono più precari e ancora più poveri.
La riforma spagnola ha previsto anche la legittimazione del demansionamento e ha reso i licenziamenti (siano individuali che collettivi) più semplici ed economici per il datore di lavoro che può così liberarsi del lavoratore in qualsiasi ipotesi, corrispondendogli un semplice indennizzo. Esattamente come vuole il Governo Renzi.

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sabato 10 gennaio 2015

Il favoreggiamento politico di Renzi per i grandi evasori

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Matteo Renzi ha ammesso che la manina che la notte del 24 dicembre ha scritto l'art. 19 bis al testo del decreto di attuazione della delega fiscale, ovvero quella norma che consente di evadere e frodare il fisco sino al 3% del fatturato dichiarato, è stata la sua. Proprio cosi.
Il Presidente del Consiglio ha scritto una norma che in sostanza comporta enormi vantaggi per i grandi evasori del nostro Paese, ovvero: i) poter evadere tranquillamente tasse e imposte sino al 3% del proprio fatturato dichiarato; ii) non vedersi macchiare la propria fedina penale, poichè nessun reato verrebbe ad esistere se l'evasione o la frode non oltrepassassero tale soglia; iii) consentire agli evasori di ripulirsi per i reati precedentemente commessi. Insomma, un vero e proprio invito ad evadere oltre che un vero e proprio, (l'ennesimo) condono.
Perchè tanta grazia da parte di Renzi per gli evasori, mentre dall'altra fa il duro con i lavoratori? Come è possibile che aiuti così palesemente, e senza alcun scrupolo, gli evasori mentre dall'altra riduce costantemente le risorse alle forze dell'ordine? Come sia possibile che legittima l'evasione in Italia, mentre in Germania e Stati Uniti evadere qualsiasi imposta è considerato un crimine? Come è possibile che quella stessa sinistra che per anni ha cercato di combattere il nemico di sempre (Berlusconi), oggi sia totalmente ostaggio e succube di tale uomo e priva di qualsiasi riguardo per l'eguaglianza e la giustizia sociale?
Si legittimano e si favoreggiano politicamente, dunque, grandi frodi e grandi evasioni. Più sei ricco e più evadi. Più evadi e più vale la pena evadere. Incredibile. Controcorrente. Semplicemente meschino.
La norma avvantaggia i più ricchi ed i grandi gruppi economici, non certo l'ortofrutticolo o l'ambulante. Eni potrebbe evadere sino a 419.000.00 di euro, Unipol (assicurazione da sempre vicina al PD) 42.000.000 milioni di euro, Mediolanum (dell'amico e socio Berlusconi) 16.300.000 milioni di euro e così via.
La possibilità di accumulare ricchezza tramite l'evasione e costituire fondi neri per finanziare illecitamente i partiti politici ha ormai una strada spianata e ben tracciata. Ma non solo. C'è purtroppo anche il condono. Ed è questo che molti si aspettano dalla dolce manina di Renzi: la possibilità di non scontare più pene per reati commessi negli anni precedenti.
Da Silvio Berlusconi, che tornerebbe ricandidabile alle prossime elezioni politiche, a Sergio Scarpellini (evasore di IVA e gestore di molti enti pubblici tenuti intatti proprio da Renzi), dalla famiglia Angelucci ad Alessandro Profumo (ex amministratore delegato di Unicredit), da Corrado Passera (di Banca Intesa) a Emilio Riva (patron dell'ILVA), da Nicola Ciniero (di IBM Italia) a Bruno Spagnolini (di Augusta), sino a Pier Francesco Guargaglini (di Finmeccanica), e così via per una lunga ed infinita lista.
Con questa norma, sarebbero 16 i miliardi di euro che verrebbero (dolosamente) sottratti alle casse dello Stato, dunque ai cittadini (che devono invece solo e sempre pagare tasse, imposte, mutui, imu, tasi, tari, iva, scuola, gas, pellet, ecc. ecc.).
Senza considerare quelli persi per la mancanza di norme sull'anticorruzione, altri 60 miliardi di euro l'anno. Molti processi in corso verrebbero dichiarati decaduti, nonostante i costi rimarrebbero a carico esclusivo dello Stato. Molti evasori d'un colpo diverrebbero nuovamente limpidi come il sole, pronti ad apparire martiri di una giustizia che in Italia non funziona (o meglio, non la si vuole fare funzionare). Il paradosso che diventa realtà, il futuro che diventa solo passato grazie all'inganno renziano.

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venerdì 9 gennaio 2015

Salvini-Arlecchino: 20 anni di Lega serva di padron Berlusconi!!!

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La Lega che si scaglia contro le norme "salva Berlusconi" della legge delega sul fisco targata Renzi è una farsa carnevalesca degna del miglior Arlecchino.
Arlecchino-Truffaldino è infatti la maschera bergamasca che rappresenta un estroverso furbo e truffaldino in perenne litigio (falso) e servo di due padroni.

Chi è il padrone reale della Lega ? Silvio Berlusconi. Sfidiamo Salvini. Dichiari pubblicamente e dimostri che il logo della Lega Nord non è di proprietà dal 2001 del condannato per frode fiscale Berlusconi.</a>
Lega Nord che alle elezioni 2014 in Emilia-Romagna si è presentata alleata di Forza Italia e Fratellli d'Italia e, ricordiamolo, è ancora presieduta da Umberto Bossi, plurindagato per lo scandalo dei rimborsi elettorali in Tanzania e diamanti e già condannato per finanziamento illecito. Belsito docet. Lo stesso Belsito contro il quale Salvini ha ritirato la richiesta di risarcimento danni per i suddetti fatti. Chissà perchè...
Riproponiamo qui tutte le leggi ad personam pro Berlusconi e affini votate dalla Lega Nord dal 1994 al 2013.
-Decreto Biondi (1994) via con la scarcerazione immediata di 2764
detenuti, 350 dei quali coinvolti in Tangentopoli
- Legge sulle rogatorie (2001) che danneggia la collaborazione giudiziaria internazionale
- Legge Frattini (2002), che mantiene di fatto inalterato il conflitto di interessi del premier
- Legge Cirami sul legittimo sospetto (2002): i giudici possono essere ricusati e i processi trasferiti soprattutto quando si tratta delle cause in cui sono imputati Berlusconi e Previti.
- Depenalizzazione del falso in bilancio (2002): Berlusconi si salva così dalle accuse sul processo All Iberian2, sul processo Sme e sul caso del calciatore Lentini
- Lodo Schifani (2003), per l'impunità delle alte cariche dello stato: consente la sospensione dei processi a carico di Berlusconi
- Condono fiscale (2003), condonati anche coloro che hanno "concorso a commettere i reati"
- Legge Gasparri (2004), tale legge sul riordino del sistema
radio-televisivo e delle comunicazioni consente a Mediaset una enorme crescita potenziale dei ricavi
- Decreto salva Rete 4 (2004), concede una proroga per continuare a far trasmettere Rete 4 in analogico, a danno di Europa 7, pur non avendo la concessione dal 1999;
- Condono edilizio alle aree protette (2004), inserisce le zone protette tra le aree condonabili e tra queste ci sono anche le aree di Villa Certosa di proprietà della famiglia Berlusconi;
- Legge salva-Previti - ex Cirielli(2005), provoca l'estinzione per prescrizione dei reati di corruzione in atti giudiziari e falso in bilancio nei processi "Diritti tv Mediaset" e "Mills". Per colpa di questa legge a novembre è stata annullata la sentenza Eternit sulle morti d'amianto. Un altro macigno sulla coscienza politica della Lega Nord e di chi votò quella norma.
- Lodo Alfano (2008), per l'impunità delle alte cariche dello stato. Una fotocopia del Lodo Schifani.
- Legittimo impedimento (2010): i processi per Berlusconi e ministri possono essere rinviati, in base a impegni di governo "certificati".
- Decreto salva liste (2010), un tentativo, giudicato poi
incostituzionale di cambiare le regole nel corso della competizione elettorale;
- Processo breve (2010-2011): così come inizialmente formulato avrebbe estinto migliaia di processi penali tra cui: Thyssen Krupp, Antonveneta, Parmalat, quello per il disastro di Viareggio del 29 giugno 2009 e il processo sul crollo della Casa dello Studente conseguente al terremoto che colpì L'Aquila nel 2009.
-Voto sulla decadenza del condannato Berlusconi (novembre 2013). La Lega vota "no" alla decadanza da senatore del condannato per frode fiscale Silvio Berlusconi.


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giovedì 8 gennaio 2015

JE SUIS CHARLIE

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Il Meetup 5 Stelle Brembate condanna nel modo più assoluto il terribile attacco armato alla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo e esprime il proprio cordoglio alle famiglie coinvolte e la totale vicinanza al popolo francese.


mercoledì 7 gennaio 2015

Ricomincia la scuola... tagliuzzata da Renzi!!!

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Ricomincia la scuola nel 2015, e riapre massacrata da PD e governo Renzi nella legge di stabilità.
 
Infatti, mentre Renzi prende in giro i cittadini con le consultazioni e la riforma "dal basso", arrivano dall'ALTO sostanziosi tagli realizzati sul funzionamento ordinario della scuola, sulla pelle dei docenti, dei tecnici, degli amministrativi ed ausiliari, di tutti i lavoratori scolastici.
Scelte che alla fine si ripercuotono sulla qualità della scuola per studenti e genitori. Ecco tutti i tagli e i regali che il #‎M5S ha contrastato, ma che il governo ha approvato in legge di stabilità, a tambur battente e senza ascoltare nessuno :
Invalsi
10 milioni per finanziare l'industria dei TEST INVALSI. Il governo tira dritto sulle valutazioni degli studenti in stile "aziendale".
Scuola paritarie
Stabilizzati 200 milioni alle scuole paritarie, che portano la cifra complessiva a circa 500 milioni di euro. Le scuole private sono le uniche che non hanno subito tagli... chissà perché.
Educazione fisica
Cancellati i responsabili provinciali di educazione fisica, si complica l'organizzazione dei grandi eventi territoriali dello sport scolastico. Addio ai Giochi della Gioventù?
Abrogazione esoneri e semiesoneri per vicari
34 milioni di tagli che complicano il funzionamento della scuola, mettendo in difficoltà famiglie e studenti.
Addio supplenze brevi ATA e docenti
Per 7 giorni il personale scolastico tecnico ed ausiliario non potrà essere sostituito e i docenti non potranno essere sostituiti per il primo giorno. Tagli di 66 milioni per il 2015 e di 200 per ciascuno degli anni a seguire.
Risultato: sempre più classi abbandonate a se stesse.

martedì 6 gennaio 2015

Africa: per le multinazionali è solo una terra di conquista e di saccheggio!!!

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L'ACP non è solo una sigla, è una speranza. Dopo secoli di colonialismo, nel 1975 ben settantotto Paesi africani, caraibici e del Pacifico si sono riuniti in un'organizzazione che ha pochi ma chiari obiettivi: lo sviluppo sostenibile, la riduzione della povertà, la solidarietà comune fra gli Stati membri. Tutto questo da realizzare con la collaborazione attiva dell'Unione europea e dei suoi Paesi membri.
Per fortificare questa alleanza, a Strasburgo è in corso un'assemblea parlamentare unitaria: Unione europea e gli Stati ACP dialogano per il bene comune. Perché la pace si costruisce con il dialogo, non con le bombe o l'imposizione dei modelli economici occidentali.
Un programma intenso, quello di questi giorni, che vede impegnati i rappresentanti delle Assemblee africane e del Parlamento Europeo nella discussione sull'emergenza Ebola, sulle conseguenze sociali ed economiche della malnutrizione, sull'immigrazione e lo sviluppo.
Il Movimento 5 Stelle Europa è intervenuto con decisione nel dibattito, affermando che è necessario guardare la realtà africana come "un continente diviso tra chi, con approccio paternalistico, ha elargito fondi senza controllo e chi, invece, ne ha approfittato, comprandone la terra e quindi la libertà."
I nostri portavoce hanno anche rilevato che "l'Europa può probabilmente apportare un aiuto significativo a patto che ponga controlli più stringenti sulle proprie multinazionali che troppo spesso vedono ancora il continente africano come terra di conquista e di saccheggio delle risorse naturali".
Il Movimento 5 Stelle ha rivolto un vero e proprio appello ai popoli africani, caraibici e del Pacifico: "Fra tutte le ambizioni forse la più importante dovrebbe essere quella di impegnarsi a far capire ai vostri figli che la loro ricchezza non dovrà più dipendere dagli avanzi del nostro mondo, troppo ricco, comodo e opulento, ma dalla loro capacità di convertirli in vere opportunità, di creare quella sussidiarietà necessaria affinché ogni singolo euro speso rappresenti un impegno per il futuro. Solo allora saremo in grado di camminare fianco a fianco, a testa alta: noi sapendo di aver saldato il nostro pesante debito verso di voi, e voi sapendo che quello che era un'ambizione è diventata realtà"

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lunedì 5 gennaio 2015

Il Software Libero nella Pubblica Amministrazione Italiana

Linux Pubblica Amministrazione

Il dibattito sull’uso del software FOSS (Free ed Open Source Software) nella Pubblica Amministrazione italiana sembra essere giunto ad una conclusione: la PA adesso è obbligata, dopo aver compiuto un’analisi comparativa, a dare la priorità al software FOSS.
Sarà compito dell’Agenzia per l’Italia Digitale definire procedure e criteri per giustificare questa scelta.
Da gennaio ad ottobre di quest’anno l’Agenzia per l’Italia Digitale ha convocato un gruppo di lavoro il cui compito era di definire i criteri di valutazione del software (art. 68 del Codice dell’Amministrazione Digitale).
Verrà a breve lanciata una consultazione pubblica per l’adozione di un testo definitivo su quelle linee guida, che diventeranno un importante strumento operativo per la scelta del software.
Le PA italiane ed europee hanno l’obbligo di fornire servizi efficienti ad imprese e cittadini, condividendo soluzioni software, discutere le best practice e condividendone le esperienze. Sono questi gli obiettivi del Programma sull’Interoperabilità delle Soluzioni per le Pubbliche Amministrazioni Europee (ISA), istituito dalla Commissione Europea.

Gli enti pubblici avranno la stessa libertà di quelli privati nel decidere se acquistare, sviluppare e rilasciare il software con le condizioni del software FOSS. Le PA italiane sono infatti obbligate a distribuire il software, da o per loro sviluppato, con il relativo codice sorgente non modificato, alle altre amministrazioni. Questo significa che la distribuzione avviene non solo tra le PA ma anche nei confronti dei cittadini, il loro scopo primario infatti è servire la comunità, soddisfacendo un interesse pubblico, non l’acquisizione di una posizione sul mercato.
Per questi motivi, quando un’amministrazione pubblica realizza, progetta, sviluppa o distribuisce software, il suo valore sta nell’utilizzo, nella capacità di rendere l’apparato amministrativo e l’adempimento della propria missione più efficace.
In altre parole, per la Pubblica Amministrazione il software non è un prodotto ma un servizio.
Per questo motivo il ritorno sull’investimento viene misurato in termini di efficienza, che deve essere misurata sia come risparmio delle risorse (pari uscite o una maggior produzione rispetto alle risorse), risparmio nel lungo periodo (minori costi di aggiornamento, modifica, migrazione o comparsa di nuovi sistemi più efficienti) ed in effetti positivi nell’economia in generale o locale (effetto spillover).
Questi pareri sono stati accolti dalla Corte Costituzionale nel 2010 con la Sentenza n. 122 del 22 Marzo. In sostanza il software free ed open source non riguarda una particolare tecnologia, marca o prodotto ma esprime una caratteristica legale. Ciò che differenzia il software free ed open source da quello proprietario è la differenze dei diritti di licenza dei programmi. Le decisioni sull’adozione dell’una o dell’altra modalità contrattuale appartiene all’utente, quindi, in questo caso, alla PA che adesso ha una significativa preferenze nei confronti dei software FOSS.

Fonte: opensource.com
Foto: flickr.com
 
 

domenica 4 gennaio 2015

I finti aiuti del governo alle aziende e alle famiglie italiane!!!

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Alle chiacchiere del governo Renzi siamo abituati. Tra le più clamorose ci sono quelle sul presunto taglio delle tasse e sugli aiuti in arrivo per le aziende e le famiglie italiane. Vediamo se è davvero così.
C'era una volta la legge 407/90 che prevedeva la decontribuzione sia assistenziale che previdenziale, senza alcun tetto e per il 100%, per le imprese del sud e tutte le imprese artigiane su tutto il territorio nazionale e per il 50% per le altre imprese. C'era, perchè oggi non c'è più, cancellata dal governo Renzi, che l'ha sostituita con una nuova disciplina valida solo per il 2015 e che non prevede alleggerimento per i contributi Inail. In sostanza, nulla di più di uno spot elettorale.
Il M5S aveva proposto di rinforzare questa legge strutturale, fondamentale per le nostre imprese, impiegando i fondi europei rimasti inutilizzati per incapacità amministrative, così da allargare la decontribuzione al 100% a tutto il Paese, professionisti compresi.
Il governo, invece, è andato a saccheggiare proprio il fondo di coesione di sviluppo riferito alla programmazione dei fondi europei 2007/2013, togliendo al Mezzogiorno un miliardo l'anno sino al 2017 e 500 milioni per il 2018.
Passiamo alle piccole partite IVA: la tassazione viene triplicata dal 5 al 15% e viene inserita un'evidente incompatibilità della percentuale forfetaria sui ricavi a cui si lega il reddito nel nuovo regime.
Passiamo poi all'IRAP: si ripristinano, per il 2014, le aliquote Irap antecedenti al decreto 66 con cui le si tagliava del 10%. ll M5S ha chiesto più attenzione nei riguardi delle piccole imprese che sarebbero rimaste sostanzialmente fuori dal vantaggio dell'esclusione della componente lavoro dal calcolo Irap visto che nei loro bilanci il peso ingente è caratterizzato dall'utile (sempre presente in quanto soggette agli studi settore) e dal peso degli oneri finanziari anch'essi sempre presenti in quanto le nostre piccole imprese si indebitano per pagare Irpef, IMU, Tasi, Tari.
Stesso giochino anche sulle tasse sulla casa: Renzi dice di aver bloccato le aliquote TASI per il 2015, peccato però che allo stesso tempo in bilancio non ci siano più le coperture per le detrazioni alle famiglie meno abbienti che sino all'anno scorso hanno avuto almeno 625 milioni. Per loro, quindi, la Tasi sarà più cara rispetto all'anno scorso!
Veniamo, infine, ai Comuni: al governo piace sbandierare il piano investimenti Junker per 315 miliardi (ma sa benissimo che ne sono disponibili solo 21, tra cui oltre tre raccattati dal piano ricerca Horizon 2020), sostiene che l'unica via d'uscita siano gli investimenti ma consente ai Comuni, per recuperare il drastico taglio delle risorse, di tagliare proprio gli investimenti e non gli sprechi. A spese, inutile dirlo, dei cittadini.
La verità, nascosta dal governo, è che è impossibile rispettare le regole europee che ci stanno via via tagliando le gambe, come ha riconosciuto anche la stessa Corte dei Conti che le ha definite "non percorribili". Invece delle chiacchiere, serve onestà e serve ammettere che abbiamo bisogno di tempo e che per risollevarci abbiamo una sola via d'uscita: ridarci competitività, riducendo le tasse in maniera significativa e non per finta. Soltanto in questo modo agli imprenditori rimarrebbero le risorse per fare investimenti, creare nuove opportunità di lavoro e far ripartire i consumi.


 

sabato 3 gennaio 2015

Renzi aumenta le tasse e tiene intatte le poltrone!!!

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Ancora una volta solo slogan e promesse da parte del Governo. Mentre da un lato con la legge di stabilità Renzi ha aumentato le tasse per gli italiani (sulla casa, sul lavoro, sulla scuola, sulla sanità, ecc), dall'altra ha mantenuto intatte le poltrone di moltissimi dirigenti e dipendenti di società partecipate ed enti totalmente inutili che costano ai cittadini italiani circa 10/12 miliardi di euro annui. Quasi quanto il reddito di cittadinanza proposto dal M5S.
Andiamo dal CNEL che ci costa 20 milioni di euro l'anno, con il suo Presidente Antonio Marzano (ex ministro del Governo Berlusconi) che percepisce uno stipendio annuo di 217.000 mila euro, all'Istituto Nazionale della Montagna che ci costa circa 500 milioni di euro l'anno, passando per il Centro Piemontese di Studi Africani, per arrivare all'Istituzione per la Conservazione della Góndola, all'Unione Italiana Tiro a Segno, alla Fondazione Marconi, alla Cassa Conguaglio GPL, all'Istituto Agronómico dell'Oltremare, alla Arcus, all'Enit e così via sino a contarne circa 11 mila.
Molti di questi assolutamente privi di alcuna utilità per i cittadini e ben 1454 addirittura formalmente inattivi secondo l'Istat, nonostante abbiano comunque un cda ben retribuito. Agenzie, consorzi, società partecipate totalmente sconosciuti ai cittadini e spesso composti da soggetti non identificabili e non identificati.
Il CNEL per esempio, nonostante sia un organo previsto dalla Costituzione, riceve fondi anche dal Ministero del Lavoro e non ha alcuna vera utilità. Pensate che la sua principale funzione è quella di dare pareri al Governo e al Parlamento tra l'altro neanche vincolanti.
In 52 anni di attività e ingenti stipendi corrisposti, chiaramente con i soldi pubblici, ha solo proposto 11 bozze di proposte di legge. Null'altro. O come l'ONC che solo per redigere qualche rapporto per gli immigrati ci costa oltre 250 milioni l'anno. O l'Enit, l'agenzia che dovrebbe rilanciare il turismo italiano, che ci costa quasi 20 milioni di euro l'anno. E che solo nel 2013 ha speso ben 138 mila euro per comprare giornali e riviste ed è stata anche oggetto di indagini da parte della Procura di Roma.
Bastava eliminare molti di questi enti per evitare che gli italiani ricevessero vere e proprie stangate di tasse e imposte sulla casa, sui redditi, sui servizi sanitari, sull'iva, sulla scuola o persino sul pellet (prodotto di prima necessità che serve semplicemente a riscaldare le case). Vergognoso!!
Invece no. Nonostante il Commissario alla spending review Carlo Cottarelli ne avesse individuati diversi da eliminare con procedura d'urgenza, Renzi ha ritenuto opportuno mantenere in vita molte poltrone, infilando norme ad hoc di salvaguardia nella scellerata bozza della legge di stabilità (con parti totalmente mancanti e commi inesistenti), sulla quale nella notte tra il 18 e 19 dicembre è stata posta l'ennesima fiducia (al buio) da parte del Governo, in un clima istituzionale surreale e mai vissuto sino ad allora, come hanno raccontato coloro che lavorano in Senato da oltre 30 anni.
Ma evidentemente mantenere a vita le poltrone, le consulenze, le indennità, i lussi e gli stipendi d'oro porta al Governo Renzi voti, consenso e futuri equilibri elettorali. Ciò nonostante molti di tali enti non fanno altro che alimentare corruzione e concussione. Altro che carrozzoni da cancellare o tagli da applicare! Solo slogan da parte di Renzi. Null'altro.
Ai cittadini, purtroppo, solo ulteriore tasse e imposte.
Nel frattempo il M5S si batterà con tutte le proprie forze per spazzare via definitivamente caste e privilegi e per ridare, con responsabilità, davvero senso alle Istituzioni.

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venerdì 2 gennaio 2015

Reddito di cittadinanza, don Ciotti a Di Maio: “Libera al fianco di chi lo sostiene”

Reddito di cittadinanza, don Ciotti a Di Maio: “Libera al fianco di chi lo sostiene” 
Il prete antimafia risponde all'appello del vicepresidente della Camera: "Criminalità organizzata e corruzione si sconfiggono davvero solo affermando diritti e dignità delle persone"


Libera e Gruppo Abele sostengono il reddito di cittadinanza. Lo ha annunciato sul blog di Beppe Grillo don Luigi Ciotti che risponde ad una richiesta lanciatagli dal deputato M5s, membro del direttorio del Movimento e vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. “Caro Luigi Di Maio – scrive nella lettera don Ciotti – rispondo molto volentieri all’invito che ha voluto rivolgermi e lo faccio in maniera semplice e diretta: Libera chiede con forza al Parlamento di approvare quanto prima l’introduzione del reddito di cittadinanza. E’ una proposta che non a caso abbiamo inserito al primo posto del Manifesto conclusivo di Contromafie, perché criminalità organizzata e corruzione si sconfiggono davvero solo affermando diritti e dignità delle persone”.
Per queste ragioni, spiega, Libera e Gruppo Abele, insieme a migliaia di realtà del sociale e del volontariato, hanno lanciato nel 2013 la campagna “Miseria ladra”, per rendere illegale la povertà e affermare come diritti quello che mafiosi e corrotti vendono come favori: “Solo Italia, Bulgaria e Grecia non hanno ancora adottato questa misura, nonostante il Parlamento europeo il 20 ottobre del 2010 abbia raccomandato di lavorare in questa direzione. Anche per questo siamo disponibili da subito a dare il nostro contributo a tutte quelle forze politiche che, come sta facendo il MoVimento 5 Stelle, sostengono questa riforma di civiltà”.

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giovedì 1 gennaio 2015

Il 2015 di Renzi: una tempesta perfetta di tasse!!!


L'Italia dei lavoratori e delle piccole imprese è schiacciata da una pressione fiscale effettiva oltre ogni limite di sopportazione. Secondo lo studio della Fondazione dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Rimini, il peso delle tasse sul Pil si attesta al 52,2%, 8,4 punti percentuali sopra il dato "apparente" (43,8%).
La differenza si spiega facilmente: la pressione fiscale apparente comprende nel Pil il vasto settore del sommerso, mentre quella effettiva giustamente lo esclude, perché soggetto ad evasione fiscale e lavoro nero. Il 52,2% è quindi un dato molto più credibile, e rende giustizia dello sforzo enorme a cui sono sottoposti lavoratori dipendenti, contribuenti in regola e piccole imprese, costretti al tributo di sangue verso l'ennesimo Governo strozzino. Escludendo il sommerso dal Pil, l'Italia sale in cima alla classifica europea sulla pressione fiscale.
Secondo gli ultimi dati disponibili della Cgia di Mestre, riferiti al 2013, gli italiani hanno pagato in media nel corso dell'anno 11.735 euro fra imposte, tasse e contributi, considerando anche bambini e ultracentenari! Significa che il tributo di sangue richiesto a lavoratori e imprese è ben più corposo e, tra l'altro, continua ad aumentare.
In questa inarrestabile ascesa si inserisce l'infelice parentesi del Governo Renzi, che al grido di "meno tasse!" ha nascosto nuovi prelievi, diretti ed indiretti. Tra i primi si ricorda l'assalto ai fondi pensione e alle casse previdenziali, la tassazione ordinaria sul Tfr in busta paga (tassato al 17% invece che all'11%), la mannaia sul regime dei minimi, con partite Iva, precari e professionisti penalizzati da un'aliquota salita dal 5% al 15% e, ultimo ma non ultimo, il taglio da 208 milioni al fondo per la detassazione del salario di secondo livello.
Per la tassazione indiretta va ancora peggio: i tagli di 1,2 miliardi ai Comuni, 1 miliardo alle Province e più di 4 miliardi alle Regioni andranno a bruciare sulla pelle viva dei cittadini. Si tradurranno infatti in maggior costo dei servizi fondamentali o in tagli lineari agli stessi, e si tratta di scuola, sanità, trasporto pubblico...
Ma il peggio deve ancora venire, ed è marchiato a fuoco nel nostro prossimo futuro: le "clausole di salvaguardia" allegate alla manovra di Renzi daranno all'Italia il colpo di grazia economico e sociale. Sono previsti un aumento graduale dell'Iva fino al 25,5% nel 2018 (oggi è al 22%), un balzo dell'Iva agevolata fino al 13% nel 2017 (oggi è al 10%), ma anche una stretta sulle accise dei carburanti da 988 milioni nel 2015 e un'altra da 700 milioni nel 2018! I beni di prima necessità diventeranno sempre meno accessibili, soprattutto per disoccupati, precari e poveri, non protetti da nessuna misura di solidarietà sociale come il nostro reddito di cittadinanza.
Chi ride di fronte a questo scempio di ricchezze, lavoro e diritti? Solo una potente élite che ha nell'euro, nei trattati e nella Ue le sue armi di distruzione di massa. Il Governo Renzi impicca il suo Paese sull'altare della finanza europea ed occidentale, e lo fa aggiungendo al danno la beffa: annuncia ogni giorno dai salotti televisivi una rivoluzione delle tasse che non c'è mai stata, mentre cittadini e imprese stanno annegando. Una tempesta di tasse, dirette e indirette, calerà su milioni di famiglie e imprese già pericolanti. Nel 2015 di Renzi si salvi chi può...

Fonte: http://goo.gl/DvXkHN