venerdì 10 aprile 2015

A PROPOSITO DELL'ARTICOLO 78 ...


Nel post precedente si è accennato all'articolo 78 della Costituzione Italiana:

Le Camere deliberano lo stato di guerra [cfr. art. 87 c. 9] 
e conferiscono al Governo i poteri necessari


Perché il Parlamento sta dibattendo su questo? Oddio, dibattendo è parola grossa. È così flebile la discussione, che nessuno se ne è accorto al di fuori delle stanze delle commissioni Difesa. Però è all’ordine del giorno perché rientra nella riforma costituzionale della ministra Boschi. Una riforma fatta con il bianchetto: cancellare la parola “Senato”. E così dove sta scritto “Camere” si legge Camera dei deputati. Di conseguenza i verbi coniugati alla terza persona plurale diventano alla terza singolare. Casomai qualcuno pensasse che non si sa di grammatica.
È vero che ai tempi della guerra liquida le dichiarazioni di guerra sono desuete come il rosolio, è pure vero che io non sono moderno come Renzi e sono purtroppo affezionato alle cose antiche come i princìpi, ma per quanto depassé i princìpi sono come la serva di Totò: servono.
Quale modernità possa dunque rappresentare l’affidare a una sola Camera la dichiarazione di guerra non si capisce bene. Di certo si capisce che, nel sistema autoritario-costituzionale che i renziani vorrebbero mettere in piedi, una decisione così terrificante come la dichiarazione di guerra verrebbe lasciata in mano al solo esecutivo, visto che con premi e premiolini, mattarelli e consultelli, l’unico ramo del Parlamento deliberante sarebbe totalmente controllato dal partito di Governo.
Ma tanto a che serve, dirà il solito benpensante di passaggio? Se non serve perché la guerra dichiarata non sembra esistere più, allora tanto vale lasciare tutto com’è. Alla Costituente dibatterono per giorni e giorni su questo articolo. Certo, la guerra era finita da pochi mesi, ma anche le bombe atomiche erano cadute da poco su Hiroshima e Nagasaki e i costituenti sapevano benissimo che la guerra appena conclusa sarebbe stata l’ultima combattuta secondo le vecchie “regole”. E proprio per questo alcuni avrebbero voluto allargare ancora di più la platea dei decisori, coinvolgendo anche le assemblee regionali come chiese ad esempio un democristiano catanese, Corrado Terranova, “un sistema più ampio e più approfondito di accertamento della volontà popolare di fronte a quella terribile cosa che è la guerra; di un sistema, che renda la responsabilità della decisione relativa all’entrata in guerra più larga e, di conseguenza, più determinante. La verità è che l’idea della guerra ci rattrista e ci atterrisce”.
Eppure l’impianto legale della guerra esiste in Italia ed è lo stesso che c’era nel 1940. Ancora perfettamente in vigore e valido, anche se apparentemente in sonno. I militari, che della guerra sono i sacerdoti e i custodi, lo sanno e si son ben guardati dal toccare la legge di guerra e quella di neutralità che sono del 1938. Nel 2010, quando le leggi sulla Difesa vennero consolidate nel Codice dell’ordinamento militare, queste due rimasero stranamente fuori. Meglio non fare onde, dicono i gondolieri.
Come rimangono perfettamente valide e applicabili le norme sullo stato d’assedio, oggi chiamato stato di pericolo pubblico. Sono gli articoli dal 214 al 219 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1938. In caso di guerra dichiarata, prefetti e comandanti della piazza potrebbero ripristinarle per decreto: arresti senza motivi, sospensione delle libertà civili e dei diritti costituzionali, tribunali militari che giudicano anche i reati commessi dai civili (si risolverebbe così il problema delle loro attuale sottoutilizzazione).
Qualcuno, come i parlamentari Cinque Stelle in Commissione al Senato e alla Camera ha cercato di opporsi ai ciechi yesman della maggioranza. Con scarso esito. Un moderato come Giuseppe De Mita, centro democratico, nipote del più famoso Ciriaco, ha proposto che almeno sia necessaria una maggioranza di quattro quinti. Respinto con perdite per evidente passatismo.
Non c’è verso. Questi talebanucci del renzismo arrembante vogliono far fuori tutto, a prescindere. Non ricordano certo il ciceroniano Silent enim leges inter arma, le leggi tacciono in mezzo alle armi, forse perché pensano che le armi saranno sempre in mano loro. Magari hanno letto troppo Marinetti “soltanto la guerra sa svecchiare, accelerare, aguzzare l’intelligenza umana, alleggerire ed aerare i nervi”. Di sicuro non mai hanno letto Mahmoud Darwish: “Siamo lontani dal nostro destino come gli uccelli”.

ITALIA IN GUERRA ?



VIDEO DI BRUNO MARTON:

  • Vicepresidente Vicario del gruppo M5S
  • Membro della 4ª Commissione permanente (Difesa)
  • Membro del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica


 TESTO DI EMANUELE SCAGLIUSI :

  • Membro della Commissione Affari Esteri e Comunitari alla Camera dei Deputati
  • Vice Presidente del Comitato Permanente per i Diritti Umani 
  • Membro della Delegazione OSCE

Sono a Vienna, al Meeting Invernale dell'Assemblea Parlamentare OSCE, dove ho chiesto di intervenire in merito alla situazione della Libia e del Mediterraneo. Situazione che come Italia ci tocca molto da vicino.

Nel Mediterraneo assistiamo alla situazione della Libia che si fa via via sempre più delicata. Renzi ha detto che "non è il momento per l'intervento militare”. Vedremo cosa farà quando sarà il momento. Il ministro Pinotti, invece, supportata dal ministro degli Esteri Gentiloni, ha già annunciato l'invio di 5mila militari senza né un piano né un programma, salvo ora tornare sui propri passi. E' questa la maggioranza che governa l'Italia. Una maggioranza che fa e disfa a proprio piacimento.

Ricordo che è l'aula il luogo del dibattito. Non twitter o i talk show. Ricordo altresì, che la prerogativa sull'ipotesi di entrare in guerra è ancora del Parlamento, anche se l'esecutivo sta provando a cambiare pure questa legge con la modifica dell'art.78. E' evidente che nessuno ha la soluzione in tasca.

Noi del Movimento 5 Stelle ci opponiamo a qualsiasi intervento militare in Libia. La storia ci insegna che la guerra in passato ha sempre contribuito ad alimentare il terrorismo e l'attuale scenario mediorientale, con l'insorgere di nuove e pericolose organizzazioni terroristiche come lo Stato Islamico, ne è la più chiara e nitida dimostrazione. Per il M5S la sicurezza dei cittadini italiani rappresenta un'assoluta priorità, ma credere di poter trovare una soluzione pacifica alla questione libica scandendo, come accaduto nel 2011, nuovi attacchi e mietendo migliaia di vittime innocenti, è una posizione che rasenta la follia. Secondo l’annuale ricerca del Global Terrorism Index nell'ultimo mezzo secolo l’80% delle organizzazioni terroristiche è stato neutralizzato grazie alla creazione di un processo politico intelligente e appena il 7% è stato eliminato dall’uso diretto della forza militare. Sempre secondo la stessa fonte, le vittime del terrorismo sono quintuplicate dal 11 settembre ad oggi. E questo nonostante 4400 miliardi di dollari spesi nelle guerre in Iraq Afghanistan e in tutte le operazioni antiterrorismo nel mondo. Questo vuol dire che un intervento militare non risolverà il problema.

Cosa ci ha portato la guerra in Libia nel 2011? Abbiamo speso quasi 1 miliardo di euro e la Francia si è ritrovata col petrolio e noi con le carrette del mare, con disperati che non siamo più in grado di accogliere. Le scelte del governo hanno fatto mettere in pericolo una fondamentale risorsa energetica per l'Italia che è passata da 1,6 milioni di barili pre-crisi ai 150.000 barili attuali.

Dobbiamo tagliare i rapporti economici e politici con gli Stati che si fingono amici e alleati e poi finanziano i terroristi. Dobbiamo essere chiari, non possiamo continuare a sederci al tavolo con l'Arabia Saudita o con il Qatar per risolvere la crisi in Siria se poi questi due Paesi pagano i terroristi per tenerli fuori dai loro confini. E poi ce li ritroviamo noi però, a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste. Concludendo sulla Libia, di fronte ad una eventuale decisione dell'Onu valuteremo il da farsi. Al momento riteniamo che sia di assoluta importanza un sostegno dell'Unione europea dell'Onu.

Qui tutti chiedono all'Italia, ma quando è il momento di ricevere un aiuto non si fa mai vivo nessuno. Siamo chiusi in una morsa: a est la crisi in Ucraina, al sud il terrorismo, al nord il braccio di ferro economico con la Germania e la Bce che speculano sulle nostre imprese. Dobbiamo rafforzare i controlli lungo le frontiere e pensare al bene dei nostri cittadini.

Basterebbe che il governo attuasse la nostra mozione approvata sul superamento della Convenzione di Dublino III, per evitare qualsiasi problema. Nel nostro testo c'è infatti scritto che l'Ue si deve far carico e finanziare l'istituzione di centri di richiesta di asilo Ue nei Paesi di transito e provenienza, come Libia, la Tunisia eccetera. Così evitiamo che gli immigrati sbarchino direttamente sul nostro territorio e non si avventurino in cosiddetti viaggi della morte che ingrossano le tasche di scafisti malfattori e, ahimè, il numero di morti in Mediterraneo.

giovedì 9 aprile 2015

Esclusivo! A CPL Concordia anche una pioggia di fondi europei!!!

 
Gli affari della CPL Concordia, la cooperativa coinvolta nell'inchiesta sugli appalti truccati a Ischia e non solo, passano anche dalla Regione Lombardia amministrata da Roberto Maroni.
Spulciando l'elenco delle aziende beneficiarie dei fondi europei indiretti, quelli cioè garantiti e anticipati dalle Regioni, si scopre che il Pirellone ha deciso di allocare ben 5,6 milioni di euro per due progetti che vedono in prima fila la cooperativa modenese.
La gestione dei finanziamenti indiretti è affidata agli Stati membri attraverso le autorità nazionali e regionali, in conformità a una programmazione che deve essere approvata dalla Commissione europea. In questo caso, dunque, non è la Commissione ma la Regione Lombardia a indire i bandi e selezionare le aziende beneficiarie.
I finanziamenti concessi a CPL Concordia dalla Regione Lombardia sono relativi entrambi al Fondo europeo di Sviluppo Regionale (FESR) 2007-2013. Il primo progetto riguarda l'ammodernamento energetico del campus dell'università Politecnico. Il sussidio concesso è di quasi 4 milioni di euro, già erogato al 21%.
Il secondo progetto, sempre cofinanziato dall'Unione europea, si chiama Side e rientra nell'obiettivo del cosiddetto "Sostegno agli investimenti in ricerca e sviluppo innovativo e tecnologico a supporto della competitività delle imprese lombarde". L'ammontare del finanziamento concesso è pari a oltre 1,6 milioni di euro. In questo caso, però è stato autorizzato ma non ancora erogato. Perché?
Questi documenti dimostrano che la Regione Lombardia ha concesso finanziamenti propri pari a 3,5 milioni di euro in progetti dove figura la coop "CPL Concordia", a valere sul programma operativo regionale FESR 2007-2013. La restante quota, il 40%, è stata cofinanziata dall'Unione europea.
Motivando la custodia cautelare del manager Francesco Simone, i magistrati che indagano sul sistema "Cpl Concordia" hanno scritto che egli ha contribuito a "un vero e proprio sistema corruttivo assolutamente generalizzato".
Se i magistrati avessero ragione, si dovrebbe accendere un faro anche su TUTTI gli appalti di questa cooperativa legata mani e baffi al Pd. Ci sono migliaia di imprese sane e oneste che rimangono a bocca asciutta quando c'è da spartirsi la torta dei fondi europei. La fetta più grossa va sempre alle imprese degli amici dei politici. Grazie a questa inchiesta sappiamo perché.
Durante una perquisizione nella borsa Nicola Verrini, direttore commerciale della coop emiliana, i magistrati hanno trovato documenti di bandi di gara delle Regioni Lazio e Campania. Come già avvenuto per i rimborsi, è nelle Regioni che si annida il magna magna dei partiti.
Maroni risponda a queste domande:
Come vengono selezionati i progetti nella Regione che la Lega amministra?
Quali rapporti ci sono fra chi scrive i bandi regionali e le imprese che si aggiudicano gli appalti?

Trasparenza sempre!!!

sabato 4 aprile 2015

Finalmente! Proposta del M5S votata all'unanimità al Parlamento europeo!!!

 
Chiamiamola con il suo nome: RIVOLUZIONE! I cittadini entrano in Parlamento, fanno le loro proposte, le discutono con i politici e poi le approvano.
E' appena successo nella Commissione Occupazione e Affari sociali del Parlamento europeo, dove è stata votata con 49 voti a favore e nessun contrario il progetto di parere sui dispositivi di protezione dei lavoratori.
Ecco l'instantanea del voto in Commissione.

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Grazie alla portavoce Laura Agea, titolare del rapporto, in Europa è iniziata la battaglia per cambiare le regole e rendere il lavoro sicuro.
Ecco che cosa cambia adesso nel mondo del lavoro:
- i dispositivi di protezione individuale (gli elmetti, i guanti, i tappi per le orecchie, giacche e tute ignifughe, per esempio) devono essere inequivocabilmente efficaci nel garantire la sicurezza dei lavoratori che li indossano.
- bisogna distinguere chi indossa o fa uso di strumenti di protezione in quattro diverse categorie: uomo, donna, giovani lavoratori e diversamente abili.
- i dispositivi di protezione devono essere specifici, costruiti "ad hoc" con l'etichettatura della lingua nazionale e non solo esclusivamente in inglese. Le illustrazioni devono spiegare l'importanza della protezione di chi li usa, affinché il lavoratore sia consapevole del rischio che corre.
- ogni Stato membro deve dotarsi di un organo di controllo autonomo che sia in grado di fare rispettare le regole europee con ispezioni senza avviso e motivazione. Un modo questo per abbattere anche il lavoro nero.
- L'Europa incoraggia gli Stati membri a creare sito web o un'applicazione per smartphone che includa tutte le informazioni utili a un lavoratore per usare i dispositivi di protezione.
Adesso il parere passa alla Commissione Mercato Interno e Protezione dei consumatori per l'esame definitivo.
In questo video tutta l'emozione di Laura Agea per l'importante successo ottenuto.


venerdì 3 aprile 2015

Autismo: ecco i semi di speranza piantati dal M5S in Parlamento!!!

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Il 2 aprile si celebra la Giornata mondiale dell'autismo. Se oggi lo conosciamo molto meglio rispetto al passato, è grazie alla ricerca medico scientifica che in questi anni ci ha insegnato a guardare a questa patologia nel modo giusto. Eppure la società ancora fa fatica a comprendere in pieno che cos'è davvero l'autismo e a riconoscere che i bambini e i ragazzi autistici hanno bisogno di essere seguiti da personale specializzato, in famiglia e a scuola, e che questo supporto va esteso anche ai genitori.
Il Movimento 5 Stelle ha portato nelle Aule parlamentari questa istanza, arrivata a gran voce soprattutto dalle famiglie di bimbi autistici, e ha piantato con fatica semi preziosi per cogliere, in un futuro che ci auguriamo non troppo lontano, i primi frutti.
Oggi rivendichiamo con orgoglio l'approvazione in Commissione Istruzione al Senato della risoluzione, a prima firma Manuela Serra, sulla cosiddetta 'continuità didattica', cioè la possibilità per i bambini con problemi, tra cui gli autistici, di avere uno stesso insegnante di sostegno durante tutto il ciclo scolastico.
Siamo convinti che questa sia la direzione giusta: fare in modo che i bimbi affetti da autismo abbiano insegnanti di sostegno qualificati , a partire dalla scuola dell'infanzia e primaria.
Anche il disegno di legge in materia di autismo appena approvato in Senato ha avuto un contributo essenziale dal M5S. Nonostante la legge approvata recepisca solo una piccola parte della nostra proposta originaria, la consideriamo comunque un primo importante passo verso un approccio più completo a questa problematica, un primo seme di un grande progetto che come M5S continueremo a monitorare e migliorare.

Lo scandalo italiano del mercato nero delle protesi!!!

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In Italia esiste un vero e proprio mercato nero delle protesi e di altri ausili per disabili. Questo accade perchè se lo Stato ti fornisce gratuitamente una sedia a rotelle che si usava venti anni fa e che non ti è di nessun aiuto, non hai molta scelta: o te la compri di tasca tua in un negozio di articoli sanitari oppure, se non te la puoi permettere, la compri sottobanco in questi 'mercati della disperazione' dove tutto costa meno e pazienza se mancano l'assicurazione e la certificazione di sicurezza: almeno torni a casa in carrozzina.
Responsabili di questa incredibile realtà sono i governi che si sono succeduti negli ultimi 16 anni, che per inerzia non hanno mai fatto ciò che era necessario e doveroso per legge: aggiornare il Nomenclatore tariffario, cioè lista del ministero della Salute che regolamenta prezzi e tipologie di protesi e ausili per disabili, cioè carrozzine, stampelle e altri strumenti che il Servizio Sanitario Nazionale fornisce gratuitamente a coloro che ne hanno diritto. Parliamo di un settore dal costo di 1,9 miliardi di euro all'anno.
Per legge il Nomenclatore andrebbe aggiornato periodicamente, ma l'ultimo aggiornamento risale al 1999 (previsto dal decreto ministeriale n°332 del 27 agosto 1999) e da allora più nulla. Da qui il paradosso tutto italiano: nonostante negli anni il mercato si sia arricchito di apparecchi più moderni, funzionali ed efficaci, e con prezzi anche più contenuti, le Asl continuano a pagare anche tre volte tanto rispetto al valore di mercato per acquistare strumenti spesso obsoleti e ormai superati.
Quindi una doppia vergogna: da un lato si sperperano soldi pubblici e dall'altro si negano ai disabili i diritti che la Costituzione riconosce loro agli articoli 3 e 32 e si rende la loro vita, e quella dei loro familiari, un inferno (gli ultimi dati Istat disponibili ci dicono che in Italia ci sono circa 3,2 milioni di persone con disabilità, e di queste 51 mila sono disabili gravi e soli, ovvero privi di famiglie che li sostengono).
Il M5S da tempo richiama l'attuale governo ai suoi doveri con interrogazioni in entrambi i rami del Parlamento e sta lavorando ad una proposta di legge che possa risolvere il problema. Lo scorso anno in Commission Sanità alla Camera siamo riusciti a far approvare una risoluzione che impegna il governo a fare questo aggiornamento, eppure nulla.
Lo scorso 12 marzo, il ministro della salute Beatrice Lorenzin ha annunciato che entro il prossimo giugno verrà adottato il decreto necessario, ma già si intravede che la strada non è quella giusta: il decreto si occupa delle modalità di svolgimento delle gare d'appalto per la fornitura degli ausili di serie e tralascia invece l'aspetto più urgente del problema: cioè creare un sistema di accesso al Nomenclatore più funzionale, in grado di fornire protesi adeguate alle reali esigenze dei disabili e di risparmiare laddove è possibile.
Nell'ultima interrogazione presentata al Senato, chiediamo al Ministro Lorenzin se si è accorta dell'esistenza di questi mercati clandestini e soprattutto le chiediamo perchè in Italia non è possibile fare ciò che si fa in tutti gli altri Paesi europei: permettere ai disabili la scelta diretta degli ausili disponibili sul mercato, tra quelli più adatti alle varie problematiche sanitarie, erogabili con oneri a carico dello Stato, e fissando per ogni categoria un tetto massimo di spesa. Se gli altri possono farlo, perchè noi no?

mercoledì 1 aprile 2015

Marò: M5S fa visita a Latorre, non può rientrare in India!!!

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Massimiliano Latorre, secondo quanto deciso dalle autorità di New Delhi, dovrebbe rientrare in India il prossimo 12 aprile. Il M5S non lo permetterà. Ieri la deputata Tatiana Basilio, nell'ambito di una visita di una delegazione della Commissione Difesa della Camera dei deputati, si è recata a Taranto per fare visita al fuciliere della Brigata Marina San Marco, tutt'oggi in convalescenza.
"È molto forte - ha affermato la Basilio - ma ha bisogno di ulteriori cure e di serenità, soprattutto a causa delle sue condizioni di salute".
Il M5S si è occupato incessantemente del caso e abbiamo presentato, soltanto alla Camera 5 atti di sindacato ispettivo, 1 mozione, 1 risoluzione, 1 question time, 2 interrogazioni a risposta scritta e svariati interventi in aula per mettere il governo di fronte alla sue responsabilità.
Non è bastato e siamo andati oltre, chiedendo l'interruzione di ogni rapporto commerciale con l'India fino a quando non sarebbero rientrati i nostri militari. Abbiamo sollecitato un impegno dell'Ue, dell'Onu, incalzato l'esecutivo quando ha affermato di aver compiuto un passo verso la soluzione della vicenda dando il via a un arbitrato internazionale di cui nessuno, finora, ha visto alcun sviluppo.
Responsabili o no della morte dei due pescatori indiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono due soldati italiani che hanno obbedito a degli ordini ricevuti e devono essere processati in Italia, secondo quanto stabilito dal diritto internazionale.
Ebbene, non solo faremo il possibile affinchè Massimiliano non rientri in India, ma continueremo a batterci perché anche Salvatore possa far ritorno tra le braccia dei suoi cari. La loro è un'angoscia che si protrae ormai da oltre tre anni. L'atteggiamento di questo e dei precedente esecutivi è stato del tutto deplorevole.

Ora basta. Il governo italiano prenda un impegno chiaro con le autorità di New Delhi e metta definitivamente fine a questa vicenda che costituisce un'ulteriore macchia di vergogna sull'immagine del nostro Paese.